Senza Boston: neanche le Guerre l’avevano fermata

Lo stop alla maratona più antica: appuntamento al 2021. Le sfide memorabili, l’attentato e le storie di una delle gare più suggestive

di Giorgio Cimbrico

Neppure le due guerre avevano fermato la maratona di Boston, nata nel 1897 sull’entusiasmo provocato nella Baa, la Boston Athletic Association, dalla re-invenzione decoubertiniana. C’è riuscito il virus obbligando prima al rinvio al 14 settembre, poi alla resa finale di una corsa dal fascino unico, dalla storia complessa, trapuntata di aneddoti memorabili, di controversie, di drammi.

Il più sanguinoso risale al 15 aprile 2013 quando i fratelli Tsarnaev, di radice kirghisa, fecero esplodere due ordigni di fabbricazione artigianale nei pressi del traguardo di Copley Square quando la gran massa dei concorrenti stava ancora sopraggiungendo: tre morti e 264 feriti. Dzhokhar venne arrestato, Tamerlan abbattuto dalla polizia. La diretta di quelle immagini è tragicamente indimenticabile.

La BM è una grande festa cittadina e dello stato del Massachusetts, una delle tredici colonie che si ribellarono alla Corona britannica. È la ragione per cui si corre nel terzo lunedì di aprile, il Patriots Day, il giorno che segna l’anniversario dell’inizio della rivoluzione che si sarebbe conclusa nel 1781 con la vittoria di Yorktown e l’indipendenza del primo nucleo degli Stati Uniti.

Dopo la partenza da Hopkinton e l’attraversamento di alcuni sobborghi, la corsa entra nel vivo affrontando dopo una trentina di chilometri le Newton Hills. La più nota e famigerata è l’Heartbreak Hill. Nel 1936 su quei 600 metri di ascesa John Kelley sorpassò Ellison Brown detto Tarzan e gli affibbiò una pacca sulle spalle involandosi verso il traguardo e un bis che sentiva ormai a portata di mano.

(foto Boston Athletic Association)

La vittoria di Gelindo Bordin nel 1990 (foto Boston Athletic Association)

Brown trovò le energie per reagire, realizzò il controsorpasso e vinse: “Con la mia rimonta gli ho spezzato il cuore”, disse coniando un’etichetta rimasta saldamente attaccata a quella balza.

Scorrendo l’infinito l’albo d’oro, ecco le 7 vittorie di Clarence DeMar, consumate, incredibilmente, nell’arco di venti stagioni, tra il 1911 e il 1930 quando Clarence, bronzo ai Giochi di Parigi e ribattezzato Mister DeMarathon, aveva 42 anni, ecco i quattro successi della sottile Catherine Ndereba (le donne vennero ammesse solo nel 1972), ecco l’imbroglio di Rosie Ruiz che nel 1980 tagliò da vincitrice il traguardo di Copley Square dopo essersi lasciata alle spalle non più di un miglio e mezzo, ecco un record del mondo andato a libro (2h25:39 del coreano Suh Yun-Bok nel 1947) ed ecco un record del mondo mai riconosciuto: nell’edizione del 2011 Geoffrey Mutai chiuse in 2h03:02 (il miglior tempo era il 2h03:59 berlinese di Haile Gebrselassie) precedendo di sei secondi Moses Mosop ma il dislivello eccessivo, una media di 3,23 a chilometro, impedì la presentazione per la ratifica. La prestazione rimane come record della BM. Il record femminile è 2h19:59 dell’etiope Bizunesh Deba dopo che il 2h18:57 di Rita Jeptoo è stato cancellato per positività all’Epo nel settembre 2014.

Dulcis in fundo, Gelindo Bordin, a segno nel 1990, ultimo europeo e primo ed unico campione olimpico a mettere in collezione una classica di questo peso, di questa portata. Per di più in 2h08:19. Il suo record, il suo tempo più veloce su un percorso spezzacuore.

fonte: http://www.fidal.it